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Eccolo lì l’annuncio su Messenger

Quello che ancora oggi Facebook non ha avuto il coraggio di fare con WhatsApp lo ha invece già attuato con il proprio Messenger ovvero l’inserimento della pubblicità tra le conversazioni del sistema di messaggistica

Forse non lo avevo ancora notato io ma oggi durante una delle mie solite conversazioni con amici Mi è comparsa una bella pubblicità di remarketing che rimanda ad un accessorio. Anzi per meglio dire uno smartphone di sicuro mio interesse.

Sia chiaro Non ho nulla contro il soggetto della pubblicità per cui ho già acquistato con soddisfazione diversi prodotti

Non ho ancora avuto modo di verificare se all’interno della offerta di Facebook advertising sussiste anche la possibilità di includere la panna eristica all’interno di Messenger. Se non lo è ancora è ancora Questione di tempo perché anche su questo fronte la via sembra ormai tracciata.

Se quanto visualizzato all’interno degli annunci su Messenger corrisponde a i propri interessi sembra che per il momento questi vengono ricavati nella classica maniera della navigazione sul web piuttosto che da quello che viene Scritto e condiviso all’interno dei messaggi.

E naturalmente logico pensare come questa funzionalità di controllo delle parole chiave inserite nella messaggistica di 20 al più presto una fonte di parole chiave che possono essere utilizzate da Chi effettua l’impostazione delle campagne pubblicitarie su Messenger.

Forse non è ancora il momento di alzare scudi e barricate a favore della privacy se pensiamo che un intrusione del genere è già stata utilizzata da tempo da parte di Google con il suo servizio Gmail. È vero però che lo stesso servizio di email portato avanti dall’azienda californiana è oggi oggetto di limitazioni molto drastiche che non permettono di creare advertising liberi sulla piattaforma Gmail.

Questo può essere un bene ed allo stesso tempo un modo per controllare le sponsorizzazioni che possono effettivamente ledere la privacy se pensiamo al concetto per cui un sistema di messaggistica presuppone veramente uno scambio di informazioni riservate tra soggetti.

Se pure io sia combattuto dal fatto di appoggiare o meno questa politica di controllo dei contenuti per la creazione di pubblicità invasive non posso che dare il mio appoggio a questo modus operandi a patto però che il consumatore venga informato nella maniera più corretta possibile: magari evitando di proporre contratti illeggibili di lunghezza incomprensibile che mai e poi mai vengono setacciati dall’utente.